Quando Pinella Passaro ci accoglie nel suo quartier generale – il meraviglioso Atelier Sposa nel cuore di Cava de’ Tirreni- la prima impressione è di trovarsi di fronte una donna tutto d’un pezzo, caparbia: la tipica immagine di un’imprenditrice di successo. Poi, il racconto si svela, spontaneo, e ascoltarla è come sfogliare un album di famiglia prezioso. E capisci com’è che funziona un’istituzione sartoriale in un settore specifico e specialistico, la bridal couture, ma soprattutto ne leggi la chiave di un successo di un brand lungo 150 anni. Dalle prime battute si comprende subito che la vera potenza della maison non si misura – solo – dalla conoscenza del prodotto o dalla capacità di anticipare un trend che incontra le intenzione e preferenze della sposa quanto nella profondità delle sue radici, di cui la stilista è una custode orgogliosa.

La storia parte dalla metà dell’Ottocento, nei negozi “sotto i portici a Cava,” trasformati in un laboratorio di sogni da generazioni di artigiani e visionari. Un’eredità che inorgoglisce e che riscontra la sua forza nell’equilibrio. “ Io credo che tutto ha funzionato finora perché c’è sempre stata la coppia, l’uomo e la donna, a dedicarsi prima alla bottega, poi ai negozi, poi agli atelier. Sono generazioni che non possono sparire così nel vuoto”, afferma Pinella rimandando il suo obbligo nei confronti di chi è stato prima di lei.

È l’intuito di sua madre, una semplice cliente innamoratasi del padre, ad aver impresso una svolta rivoluzionaria all’attività: comprendendo che “il tessuto non bastava più,” fu lei ad avere il “lume” di iniziare la sartoria, desiderando l’abito già fatto. Questa visione al femminile, affiancata alla solidità maschile, è la filigrana emotiva che definisce Passaro Sposa oggi: un’alchimia di tradizione secolare e innovazione audace mantenuta viva dal sacrificio di generazioni. Così senza mai perdere il filo.

Oggi, la designer si trova alla guida di questo impero, e pur essendo circondata da “tre ingegneri” (il marito e i due figli), ironizza sulla “fatica di combattere” con loro, ma è evidente l’unione che regna, con ognuno che ha un ruolo ben definito. Ciò che la rende un leader unico è la sua natura di “libro aperto”. Non esiste il distacco tra datore di lavoro e dipendente. Lei vive ogni giorno con il suo staff, non li tratta come semplici collaboratori, ma come parte di una famiglia allargata. Si confida, condividono gioie e angosce, tanto da aver voluto celebrare i 50 anni di matrimonio “soprattutto con i dipendenti,” un gesto che sottolinea un amore e un rispetto che va oltre il semplice orario di lavoro.

Imprenditrice, madre, moglie, nonna: ogni ruolo è vissuto con intensità, la stessa che ha riversato in ogni istante della sua esistenza. La conversione prende una piega intima ed emotiva e Pinella ci svela il segreto che ha salvato il suo matrimonio e che ha voluto trascrivere nel suo libro dedicato al marito: il viaggio. “Un viaggio da soli, io e lui, inteso come un ‘viaggio di nozze’ annuale”, un rituale che le permette di tornare carichi e felici. Nel turbine di una carriera stacanovista e di una grande famiglia, l’insegnamento da preservare è che bisogna sempre trovare il tempo per ricaricare il cuore, perché solo un cuore pieno di amore e gioia può continuare a infondere vitalità e successo nel lavoro di una vita. Un suggerimento che cerca di trasferire anche alle spose moderne, che arrivano all’abito con una consapevolezza più matura: la famiglia, come una pianta, “si deve coltivare, si deve innaffiare, si deve gioire. In sintesi, Pinella è la dimostrazione che l’eccellenza non nasce solo dal talento, ma dalla fedeltà incrollabile ai valori di casa, lavoro e sacrificio, uniti a una passione che non si spegne mai.

Insomma, l’ovvietà non è una cosa che contraddistingue la vita della designer così come le sue collezioni. Ed in particolare, riferendosi alla sua moda sposa 2026, afferma la sua prima lezione di stile: l’abito è un intero, una sinfonia di particolari. Non è mai “banale,” ma “pieno di dettagli” che lo fanno vivere: l’architettura di un punto vita, la grazia di una scollatura, il volume di una manica. Questo rifiuto di selezionare un solo elemento è la metafora perfetta del suo approccio al lavoro: una cura maniacale per l’insieme che rende ogni creazione unica. La sua sfilata più recente è stata un inno all’innovazione, una collezione epocale, il cui culmine emotivo è nel finale: un “pezzo di cuore” dedicato ai suoi genitori, omaggio al papà dopo la dedica alla mamma. È questa dedizione filiale, questa intimità trasparente che Pinella tesse nei suoi show, rendendoli non solo eventi di moda, ma veri e propri manifesti d’amore.